domenica 19 marzo 2023

DON PEPPE DIANA: LA RINASCITA DOPO LA MORTE

 

DON PEPPE DIANA: LA RINASCITA DOPO LA MORTE



Era la mattina del 19 marzo 1994, il giorno del suo onomastico, stava per celebrare la santa messa, ma cinque colpi di proiettile colpirono a morte don Peppe Diana.  Era un sacerdote che, durante il periodo di massima influenza del Clan dei Casalesi, combatté per l’azione anticamorra. Fu con il suo grido di legalità PER AMORE DEL MIO POPOLO, diffuso in tutte le chiese durante la messa del Natale 1991, che il boss Francesco Schiavone, detto Sandokan, capì la sua pericolosità. Un uomo che da sempre lavorava con i giovani e che conosceva la loro realtà, faceva di tutto pur di salvaguardare il loro futuro.

IL PERIODO ANTECEDENTE

L’omertà governava a Casal di Principe, la paura di denunciare, nonostante gli innumerevoli atti camorristici. La goccia che, probabilmente, interruppe il silenzio assordante fu l’omicidio di Angelo Riccardo, che fu l’inizio delle denunce di don Peppe che invitava la popolazione a denunciare e non rimanere indifferenti a ciò che accadeva ‘’nelle loro case’’.

“PER AMORE DEL MIO POPOLO”

la lettera parte con un chiaro segno di aiuto ‘’SIAMO PREOCCUPATI’’ ed è uno scritto indirizzato a tutta la popolazione, perché tutti potenziali vittime di quella che è una camorra ‘che ti entra in casa’. ‘’ La Camorra rappresenta uno Stato deviante parallelo rispetto a quello ufficiale’’ è scritto proprio per simboleggiare il ruolo sempre più importante nella società. Così vengono citati diversi passi della Genesi e non solo:

- Il Profeta fa da sentinella: vede l’ingiustizia, la denuncia e richiama il progetto originario di Dio (Ezechiele 3,16-18);

 - Il Profeta ricorda il passato e se ne serve per cogliere nel presente il nuovo (Isaia 43);

 - Il Profeta invita a vivere e lui stesso vive, la Solidarietà nella sofferenza (Genesi 8,18-23);

- Il Profeta indica come prioritaria la via della giustizia (Geremia 22,3 -Isaia 5)

‘’Le nostre Chiese hanno bisogno di precise indicazioni pastorali aderenti alle nuove realtà’’ ed è così che si conclude questo disperato appello alla legalità.

COSA CI RIMANE OGGI

Se lo scopo della camorra era uccidere quell’uomo e portare via con lui la parola e la speranza, non ci sono riusciti. Fu così che il sacrificio della vita di don Peppe fece provare una grande vergogna ai casalesi e con essa il desiderio di cambiare. Don Peppe Diana è ancora vivo e parla ai giovani tramite le numerose associazioni a lui dedicate. Tra le tante troviamo CASA DON DIANA che è un bene confiscato alla criminalità organizzata, polo educativo di attività di apprendimento non formali e informali, rivolte a giovani e adulti, in affido al Comitato don Diana dal 2015. È un centro di confronto su molteplici tematiche sociali, giuridiche, istituzionali e sanitarie. Ma l’istituzione più importante è proprio l’IC ‘’Don Diana’’ di Casal di Principe, che con il suo nome decide di andare ‘’controcorrente’’ rispetto ai luoghi comuni che spesso vengono divulgati. Ed è proprio in questi ultimi giorni che l’istituto ha deciso di indirizzare una lettera a tutte le scuole del circuito di A PICCOLI PASSI, invitando tutte le scuole a celebrare la MEMORIA nella loro scuola nel senso che FARE MEMORIA vuol dire diventare solidali nel bene, essere autentici uomini di pace e riaprire la vita alla speranza.

 

LE TESTIMONIANZE

 

Prima ancor di parlare di testimonianze bisogna capire in che modo FARE MEMORIA di don Peppe, così la Diocesi di Aversa nel percorso A piccoli passi ha stilato cinque punti fondamentali:

·        Prendersi cura della comunità (a partire dal dolore che si vive in certe situazioni)

·        Denunciare il male, con coraggio

·        Cercare il bene possibile

·        Annunciare il proprio impegno di essere “segno di contraddizione”

·        Essere sentinelle e profeti sulle strade di don Peppe Diana

La testimonianza più importante e sentita è proprio quella che Papa Giovanni Paolo II dedicò al nostro caro don Diana: “Voglia il Signore far sì che il sacrificio di questo suo ministro, evangelico chicco di grano caduto nella terra e morto (cfr. Gv 12,24), produca frutti di sincera conversione, di operosa concordia, di solidarietà e di pace”. Ed è stato proprio così, l’auspicio di papa Giovanni Paolo II è avvenuto. Ma questa importantissima testimonianza possiamo ritrovarla anche nella Lettera pastorale di S. E. mons. Angelo Spinillo in onore del XXV anno dalla sua morte. Uno dei passaggi fondamentali nel suo scritto è proprio ‘’La memoria di Don Peppino Diana e del suo sacrificio deve essere per noi tutti come una rinnovata chiamata a superare le logiche di un vivere ancora rassegnato alla prepotenza e all’illegalità, e un reale e più efficace incoraggiamento a sviluppare, con serena franchezza di dialogo, una vitale unità di intenti e di azione orientate al bene comune’’ ribadendo quanto ancora oggi la criminalità faccia ancora, e purtroppo, parte della nostra quotidianità. A volte per scelta, a volte per caso, siamo tutti consapevoli quanto questa realtà sia vicina a noi e quanto il nostro agire o il nostro cammino contro la criminalità, possano porre forte radici di cambiamento, soprattutto dimostrare che non tutto è perduto, neanche la perdita di colui che ci ha messo il cuore e la faccia, che ci ha creduto fino alla fine perciò bisogna continuare su questa strada tracciata, insieme, con le nostre forze e con la nostra volontà nella  realizzazione del bene comune. Ecco perché l’incontro del 17 marzo, organizzato dal “Don Diana”, segna un cambio di passo e di orizzonte: non più celebrazioni, ma azioni, “come a lui sarebbe piaciuto”. Azioni orientate a costruire “Un NOI sempre più grande”: dalla classe, alla scuola, alla città e al territorio, infine, al mondo intero.

 

      GUIDA CHIARA 3I

 

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