DON PEPPE DIANA: LA
RINASCITA DOPO LA MORTE
Era la mattina del 19 marzo 1994, il giorno del suo
onomastico, stava per celebrare la santa messa, ma cinque colpi di proiettile
colpirono a morte don Peppe Diana. Era
un sacerdote che, durante il periodo di massima influenza del Clan dei
Casalesi, combatté per l’azione anticamorra. Fu con il suo grido di legalità
PER AMORE DEL MIO POPOLO, diffuso
in tutte le chiese durante la messa del Natale 1991, che il boss Francesco
Schiavone, detto Sandokan, capì la sua pericolosità. Un uomo che da sempre
lavorava con i giovani e che conosceva la loro realtà, faceva di tutto pur di
salvaguardare il loro futuro.
IL
PERIODO ANTECEDENTE
L’omertà governava a Casal di Principe, la paura di
denunciare, nonostante gli innumerevoli atti camorristici. La goccia che,
probabilmente, interruppe il silenzio assordante fu l’omicidio di Angelo
Riccardo, che fu l’inizio delle denunce di don Peppe che invitava la
popolazione a denunciare e non rimanere indifferenti a ciò che accadeva ‘’nelle
loro case’’.
“PER AMORE DEL MIO POPOLO”
la lettera parte con un chiaro segno di aiuto ‘’SIAMO
PREOCCUPATI’’ ed è uno scritto indirizzato a tutta la popolazione, perché
tutti potenziali vittime di quella che è una camorra ‘che ti entra in casa’.
‘’ La Camorra rappresenta uno Stato deviante parallelo rispetto a
quello ufficiale’’ è scritto proprio per simboleggiare il ruolo sempre più
importante nella società. Così vengono citati diversi passi della Genesi e non
solo:
- Il Profeta fa da sentinella: vede
l’ingiustizia, la denuncia e richiama il progetto originario di Dio (Ezechiele
3,16-18);
- Il Profeta ricorda
il passato e se ne serve per cogliere nel presente il nuovo (Isaia 43);
- Il Profeta invita a
vivere e lui stesso vive, la Solidarietà nella sofferenza (Genesi
8,18-23);
- Il Profeta indica come prioritaria la via della
giustizia (Geremia 22,3 -Isaia 5)
‘’Le nostre Chiese hanno bisogno di precise indicazioni
pastorali aderenti alle nuove realtà’’ ed è così che si conclude questo
disperato appello alla legalità.
COSA
CI RIMANE OGGI
Se lo scopo della camorra era uccidere quell’uomo e portare via
con lui la parola e la speranza, non ci sono riusciti. Fu così che il sacrificio
della vita di don Peppe fece provare una grande vergogna ai casalesi e con essa
il desiderio di cambiare. Don Peppe Diana è ancora vivo e parla ai giovani
tramite le numerose associazioni a lui dedicate. Tra le tante troviamo CASA
DON DIANA che è un bene confiscato alla criminalità organizzata,
polo educativo di attività di apprendimento non formali e informali, rivolte a
giovani e adulti, in affido al Comitato don Diana dal 2015. È un
centro di confronto su molteplici tematiche sociali, giuridiche,
istituzionali e sanitarie. Ma l’istituzione più importante è proprio l’IC ‘’Don
Diana’’ di Casal di Principe, che con il suo nome decide di andare ‘’controcorrente’’
rispetto ai luoghi comuni che spesso vengono divulgati. Ed è proprio in questi
ultimi giorni che l’istituto ha deciso di indirizzare una lettera a tutte le
scuole del circuito di A PICCOLI PASSI, invitando tutte le scuole a celebrare
la MEMORIA nella loro scuola nel senso che FARE MEMORIA vuol dire diventare
solidali nel bene, essere autentici uomini di pace e riaprire la vita alla
speranza.
LE TESTIMONIANZE
Prima ancor di parlare di testimonianze bisogna capire in
che modo FARE MEMORIA di don Peppe, così la Diocesi di Aversa nel
percorso A piccoli passi ha stilato cinque punti fondamentali:
·
Prendersi cura della comunità (a partire
dal dolore che si vive in certe situazioni)
·
Denunciare il male, con coraggio
·
Cercare il bene possibile
·
Annunciare il proprio impegno di essere “segno
di contraddizione”
·
Essere sentinelle e profeti sulle strade
di don Peppe Diana
La testimonianza più
importante e sentita è proprio quella che Papa Giovanni Paolo II dedicò
al nostro caro don Diana: “Voglia il Signore far sì che il sacrificio di
questo suo ministro, evangelico chicco di grano caduto nella terra e morto
(cfr. Gv 12,24), produca frutti di sincera conversione, di operosa concordia,
di solidarietà e di pace”. Ed è stato proprio così, l’auspicio di papa
Giovanni Paolo II è avvenuto. Ma questa importantissima testimonianza possiamo
ritrovarla anche nella Lettera pastorale di S. E. mons. Angelo Spinillo
in onore del XXV anno dalla sua morte. Uno dei passaggi fondamentali nel suo
scritto è proprio ‘’La memoria di Don Peppino Diana e del suo sacrificio
deve essere per noi tutti come una rinnovata chiamata a superare le logiche di
un vivere ancora rassegnato alla prepotenza e all’illegalità, e un reale e più
efficace incoraggiamento a sviluppare, con serena franchezza di dialogo, una
vitale unità di intenti e di azione orientate al bene comune’’ ribadendo
quanto ancora oggi la criminalità faccia ancora, e purtroppo, parte della
nostra quotidianità. A volte per scelta, a volte per caso, siamo tutti consapevoli
quanto questa realtà sia vicina a noi e quanto il nostro agire o il nostro
cammino contro la criminalità, possano porre forte radici di cambiamento,
soprattutto dimostrare che non tutto è perduto, neanche la perdita di colui che
ci ha messo il cuore e la faccia, che ci ha creduto fino alla fine perciò
bisogna continuare su questa strada tracciata, insieme, con le nostre forze e
con la nostra volontà nella
realizzazione del bene comune. Ecco perché l’incontro del 17 marzo,
organizzato dal “Don Diana”, segna un cambio di passo e di
orizzonte: non più celebrazioni, ma azioni, “come a lui sarebbe piaciuto”.
Azioni orientate a costruire “Un NOI sempre più grande”: dalla classe, alla
scuola, alla città e al territorio, infine, al mondo intero.
GUIDA CHIARA 3I
Nessun commento:
Posta un commento