giovedì 30 marzo 2023
Non bisogna temere di sbagliare
lunedì 27 marzo 2023
Don Peppe Diana
Don Peppe Diana
si
nutre delle nostre paure,
senza
di esse non ha alcun valore.
La
camorra è lì, dietro l’angolo,
i
suoi tentacoli la nostra libertà infrangono.
Se
non facciamo niente,
tutto
crollerà,
ma
se rimaniamo insieme
con
le armi della speranza,
possiamo
spianare la strada
e
il sole luminoso della legalità
nel
cielo a brillare tornerà.
Della
Valle Chiara 1D
DON GIUSEPPE DIANA E LA SUA GENTE
DON GIUSEPPE DIANA E LA SUA GENTE
Il senso di giustizia: Don Peppe Diana
Il senso
di giustizia: Don
Peppe Diana
domenica 19 marzo 2023
Don Peppe Diana: il prete dei giovani e per i giovani
Don
Peppe Diana: il prete dei giovani e per i giovani
L’operato di Don Peppino Diana rappresenta ancora un esempio per tanti giovani e adulti, non solo del territorio casertano ma per tutta l’Italia. A distanza di quasi un trentennio dall’uccisione per opera del clan camorristico dei casalesi, risulta ancora vivo il ricordo di don Peppe Diana in tutti noi e affascina soprattutto le nuove generazioni per il coraggio, le virtù e l’esempio mostrati nei suoi anni di sacerdozio. È Nato il 4 luglio 1958 a Casal di Principe dove ha svolto l’attività pastorale dal 1989 nella Parrocchia di San Nicola di Bari fino alla sua tragica morte avvenuta il 19 marzo del 1994.
Tutto il suo sacerdozio è improntato ad un concetto
di “chiesa “al servizio degli ultimi e di tutti.
Il suo testamento morale può essere così
racchiuso la” chiesa deve essere al servizio dei poveri, degli ultimi”. Infatti, diceva: “dove c’è mancanza di regole, di diritto si affermano il non diritto e
la sopraffazione. Bisogna risalire alle cause della camorra per sanarne la
radice che è marcia... dove regnano povertà, emarginazione, disoccupazione e
disagio è facile che la mala pianta della camorra nasca e si sviluppi”.
Don Peppe Diana, per tutti don Peppino ha
improntato tutta la sua esistenza alla trasparenza e per questo amava affermare
che “Per amore del mio popolo non tacerò”, proprio da quel pulpito dove
faceva prediche per educare e innalzare le coscienze fu ammazzato dalla mano
criminale del clan camorristico dei casalesi nel giorno del suo onomastico. La
morte di don Peppe Diana ha contribuito a diffondere alle generazioni future
quello che può essere considerato un vero e proprio testamento di idee e di
valori. Purtroppo, ancora oggi troppi
sono i messaggi che arrivano dai media o dai social nella
nostra
società distorti. Se solo si pensa ai
messaggi diffusi dalle fiction più famose come Gomorra o Mare fuori
che diffondono una cultura della violenza e propagandano una società in cui il
più forte e il più furbo prevale con più facilità e con più velocità rispetto a
chi è
rispettoso delle regole. Una vera esaltazione della violenza e della
illegalità che in un territorio difficile come il nostro, diventa molto
pericolosa per i modelli che diffonde. Nonostante ciò, nel nostro territorio
nascono semi di speranza dalla collaborazione tra le tante associazioni, le istituzioni
religiose, scolastiche, civili che cercano, seppur tra mille difficoltà di
edificare le coscienze e di porsi come vere comunità educanti. Come ci testimonia
don Peppe, dobbiamo essere una comunità capace
di aprire le coscienze ai veri valori,
di modificare mediante l’esempio
le mentalità, i modi di vivere. Per scalfire la cultura dell’omertà don Peppe
ci invita tutti ad essere sentinelle del nostro territorio. In questi ultimi
anni molti passi in avanti sono stati fatti, ma bisogna ancora lavorare tanto
su tutte le nostre comunità affinché non restiamo indifferenti innanzi alle
ingiustizie e all’illegalità e trovare il coraggio di denunciare e non avere
paura.
Il percorso a Piccoli passi sta avvicinando
noi giovani alle istituzioni e mediante un percorso di cittadinanza attiva, di
legalità sta aprendo le nostre menti e le nostre coscienze a nuovi orizzonti,
rafforzando un modello di società positivo improntato al bene comune e alla
pace.
Concludo con il messaggio di Papa Giovanni
Paolo II, nel ricordare la morte di Don Peppe Diana: “Voglia il Signore far sì che il sacrificio di questo suo ministro,
evangelico chicco di grano caduto nella terra e morto (cfr. Gv 12,24), produca frutti di sincera conversione, di operosa concordia, di
solidarietà e di pace”.
Impegniamoci tutti a diffondere il pensiero di
don Peppino, impegniamoci a farne un vero stile di vita orientato al bene
comune sulle strade ogni giorno.
EMANUELA
ORSI 1H
DON PEPPE DIANA: LA RINASCITA DOPO LA MORTE
DON PEPPE DIANA: LA
RINASCITA DOPO LA MORTE
Era la mattina del 19 marzo 1994, il giorno del suo
onomastico, stava per celebrare la santa messa, ma cinque colpi di proiettile
colpirono a morte don Peppe Diana. Era
un sacerdote che, durante il periodo di massima influenza del Clan dei
Casalesi, combatté per l’azione anticamorra. Fu con il suo grido di legalità
PER AMORE DEL MIO POPOLO, diffuso
in tutte le chiese durante la messa del Natale 1991, che il boss Francesco
Schiavone, detto Sandokan, capì la sua pericolosità. Un uomo che da sempre
lavorava con i giovani e che conosceva la loro realtà, faceva di tutto pur di
salvaguardare il loro futuro.
IL
PERIODO ANTECEDENTE
L’omertà governava a Casal di Principe, la paura di
denunciare, nonostante gli innumerevoli atti camorristici. La goccia che,
probabilmente, interruppe il silenzio assordante fu l’omicidio di Angelo
Riccardo, che fu l’inizio delle denunce di don Peppe che invitava la
popolazione a denunciare e non rimanere indifferenti a ciò che accadeva ‘’nelle
loro case’’.
“PER AMORE DEL MIO POPOLO”
la lettera parte con un chiaro segno di aiuto ‘’SIAMO
PREOCCUPATI’’ ed è uno scritto indirizzato a tutta la popolazione, perché
tutti potenziali vittime di quella che è una camorra ‘che ti entra in casa’.
‘’ La Camorra rappresenta uno Stato deviante parallelo rispetto a
quello ufficiale’’ è scritto proprio per simboleggiare il ruolo sempre più
importante nella società. Così vengono citati diversi passi della Genesi e non
solo:
- Il Profeta fa da sentinella: vede
l’ingiustizia, la denuncia e richiama il progetto originario di Dio (Ezechiele
3,16-18);
- Il Profeta ricorda
il passato e se ne serve per cogliere nel presente il nuovo (Isaia 43);
- Il Profeta invita a
vivere e lui stesso vive, la Solidarietà nella sofferenza (Genesi
8,18-23);
- Il Profeta indica come prioritaria la via della
giustizia (Geremia 22,3 -Isaia 5)
‘’Le nostre Chiese hanno bisogno di precise indicazioni
pastorali aderenti alle nuove realtà’’ ed è così che si conclude questo
disperato appello alla legalità.
COSA
CI RIMANE OGGI
Se lo scopo della camorra era uccidere quell’uomo e portare via
con lui la parola e la speranza, non ci sono riusciti. Fu così che il sacrificio
della vita di don Peppe fece provare una grande vergogna ai casalesi e con essa
il desiderio di cambiare. Don Peppe Diana è ancora vivo e parla ai giovani
tramite le numerose associazioni a lui dedicate. Tra le tante troviamo CASA
DON DIANA che è un bene confiscato alla criminalità organizzata,
polo educativo di attività di apprendimento non formali e informali, rivolte a
giovani e adulti, in affido al Comitato don Diana dal 2015. È un
centro di confronto su molteplici tematiche sociali, giuridiche,
istituzionali e sanitarie. Ma l’istituzione più importante è proprio l’IC ‘’Don
Diana’’ di Casal di Principe, che con il suo nome decide di andare ‘’controcorrente’’
rispetto ai luoghi comuni che spesso vengono divulgati. Ed è proprio in questi
ultimi giorni che l’istituto ha deciso di indirizzare una lettera a tutte le
scuole del circuito di A PICCOLI PASSI, invitando tutte le scuole a celebrare
la MEMORIA nella loro scuola nel senso che FARE MEMORIA vuol dire diventare
solidali nel bene, essere autentici uomini di pace e riaprire la vita alla
speranza.
LE TESTIMONIANZE
Prima ancor di parlare di testimonianze bisogna capire in
che modo FARE MEMORIA di don Peppe, così la Diocesi di Aversa nel
percorso A piccoli passi ha stilato cinque punti fondamentali:
·
Prendersi cura della comunità (a partire
dal dolore che si vive in certe situazioni)
·
Denunciare il male, con coraggio
·
Cercare il bene possibile
·
Annunciare il proprio impegno di essere “segno
di contraddizione”
·
Essere sentinelle e profeti sulle strade
di don Peppe Diana
La testimonianza più
importante e sentita è proprio quella che Papa Giovanni Paolo II dedicò
al nostro caro don Diana: “Voglia il Signore far sì che il sacrificio di
questo suo ministro, evangelico chicco di grano caduto nella terra e morto
(cfr. Gv 12,24), produca frutti di sincera conversione, di operosa concordia,
di solidarietà e di pace”. Ed è stato proprio così, l’auspicio di papa
Giovanni Paolo II è avvenuto. Ma questa importantissima testimonianza possiamo
ritrovarla anche nella Lettera pastorale di S. E. mons. Angelo Spinillo
in onore del XXV anno dalla sua morte. Uno dei passaggi fondamentali nel suo
scritto è proprio ‘’La memoria di Don Peppino Diana e del suo sacrificio
deve essere per noi tutti come una rinnovata chiamata a superare le logiche di
un vivere ancora rassegnato alla prepotenza e all’illegalità, e un reale e più
efficace incoraggiamento a sviluppare, con serena franchezza di dialogo, una
vitale unità di intenti e di azione orientate al bene comune’’ ribadendo
quanto ancora oggi la criminalità faccia ancora, e purtroppo, parte della
nostra quotidianità. A volte per scelta, a volte per caso, siamo tutti consapevoli
quanto questa realtà sia vicina a noi e quanto il nostro agire o il nostro
cammino contro la criminalità, possano porre forte radici di cambiamento,
soprattutto dimostrare che non tutto è perduto, neanche la perdita di colui che
ci ha messo il cuore e la faccia, che ci ha creduto fino alla fine perciò
bisogna continuare su questa strada tracciata, insieme, con le nostre forze e
con la nostra volontà nella
realizzazione del bene comune. Ecco perché l’incontro del 17 marzo,
organizzato dal “Don Diana”, segna un cambio di passo e di
orizzonte: non più celebrazioni, ma azioni, “come a lui sarebbe piaciuto”.
Azioni orientate a costruire “Un NOI sempre più grande”: dalla classe, alla
scuola, alla città e al territorio, infine, al mondo intero.
GUIDA CHIARA 3I
Don Peppe Diana
Quella mattina del 19 marzo 1994
Don
Peppe, intanto, mentre comincia ad indossare i paramenti sacri, sta ancora
concordando con il suo amico fotografo il da farsi per vedersi dopo la messa.
Ed ecco che entra l’uomo col giubbotto. “Chi è don Peppe?”, chiede lo
sconosciuto. Don Diana si gira e risponde: “Sono io”. L’uomo tira fuori la
pistola dalla cintola e spara cinque colpi, al volto e al petto. Per don Peppe
che cade in una pozza di sangue, non c’è niente da fare. Muore a 36 anni il
prete che aveva osato sfidare apertamente la camorra dei casalesi. Il killer si
dilegua. Ad aspettarlo ci sono dei complici con l’auto del motore acceso.
Augusto, il fotografo amico di don Diana invece, corre dai carabinieri a
denunciare l’accaduto. Sarà lui a riconoscere in Giuseppe Quadrano il killer di
don Diana.
Per
l’uccisione di don Giuseppe Diana, il 4 marzo 2004, la Corte di Cassazione ha
condannato all’ergastolo Mario Santoro e Francesco Piacenti quali coautori
dell’omicidio, mentre ha riconosciuto come autore materiale dell’omicidio il
boss Giuseppe Quadrano condannandolo a 14 anni, perché collaboratore di
Giustizia. Decisiva la testimonianza di Augusto Di Meo.
Quanto
ai mandanti, la giustizia ha accertato che la morte di don Diana venne ordinata
dalla Spagna, dal boss Nunzio De Falco detto “’o Lupo”, con l’intento di
colpire il clan Schiavone- Bidognetti.
Ma
prima della sentenza definitiva, ci sono stati vari tentativi di infangare la
memoria di don Giuseppe Diana. Tentativi che iniziarono sin dalle prime ore
dopo la sua morte, quando venne fatta circolare la voce che era stato ucciso
per vicende di donne.
A
queste voci seguirono vere e proprie campagne denigratorie con articoli apparsi
sul “Corriere di Caserta” che avevano l’obiettivo di delegittimare non solo la
figura di don Diana, ma soprattutto il suo forte messaggio lanciato dagli
altari delle chiese della Forania di Casal di Principe, a Natale del 1991, con
il documento “Per amore del mio popolo”. Un messaggio dirompente contro
la cultura camorristica e criminale, nato nel cuore di quella che lo stesso don
Diana definiva la “dittatura armata” della camorra.
Da
19 marzo di ventinove anni fa, molte cose sono cambiate. La sua morte è stata
come un seme caduto nella buona terra perché ha dato molti frutti. I colpi
inferti dalle forze dell’ordine e dalla magistratura ai clan sono stati
pesanti. Le condanne all’ergastolo per i capi della camorra casalese hanno
messo in ginocchio l’organizzazione criminale.
Nel
frattempo, diversi beni sono stati confiscati ai boss e assegnati ad
associazioni e cooperative sociali.
Nel
2010 è stata costituita la Cooperativa “Le terre di Don Peppe Diana” e
ha avuto in affidamento la tenuta agricola appartenuta al boss Michele Zaza a
Castel Volturno per la realizzazione di una fattoria didattica e del caseificio
che produce la “Mozzarella della Legalità”, primo prodotto campano
realizzato sui terreni confiscati alla camorra. Produce Mozzarella di Bufala
Campana DOP e ricotta con latte di allevamenti locali. Si dedica anche alla
produzione di grano, con i quali Libera Terra realizza i Paccheri Don Peppe Diana
e legumi pregiati quali la cicerchia. La Cooperativa “Le terre di Don
Peppe Diana” aderisce alla rete di Libera.
“Libera.
Associazioni, nomi e numeri contro le mafie” è nata con
l’intento di sollecitare la società civile nella lotta alle mafie e promuovere
legalità e giustizia. Attualmente Libera è un coordinamento di oltre 1600
associazioni, gruppi, scuole, realtà di base, territorialmente impegnate per
costruire sinergie politico-culturali e organizzative capaci di diffondere la
cultura della legalità.
Ora
i criminali sono per lo più in carcere, mentre nel Cimitero di Casal di
Principe la tomba di don Giuseppe Diana, è meta di migliaia di visitatori. È la
rivincita dei familiari e degli amici di don Diana che sin dal giorno dopo la
sua uccisione ne hanno difeso la memoria tra mille insidie, difficoltà e
pericoli. Il giorno dei funerali di don Diana, Don Antonio Riboldi, vescovo di
Acerra, ebbe a dire parole profetiche: “Il 19 marzo è morto un prete ma è
nato un popolo”.
Alla
fine di questo articolo voglio fare mio il grido di libertà che il mio papà,
insieme a migliaia di giovani, ha gridato ai funerali di Don Peppe: “Casalesi
è il nome di un Popolo, non è il nome di un Clan”.
BORTONE
SILVIA 1H